domenica 21 dicembre 2008

Sono entrata nel tempio del consumismo e ho pregato

Harrods.
C'è bisogno che vi dica cos'è?
Quest'enorme palazzone di dubbio gusto è uno simboli di Londra.
Questo grande magazzino del lusso, multimiliardario, multipiano, multireparto, multiculturale (il nome è inglese, il propietario un arabo, la merce di tutto il mondo), è famoso nel mondo quasi come la Regina.
I souvenir targati Harrods sono un must.
Harrods è huge, immenso, è una perenne esposizione universale di quello che la gente come me e come te non potrà mai possedere realmente, forse comprarne un pezzo, forse solo annusare.
Annusare è il termine giusto, perchè il reparto dedicato al cibo è uno dei più affollati, in fondo una scatola di biscotti, una marmellata, dei cioccolatini tra i cinque e i dieci pound possiamo permetterceli quasi tutti.
Ed ecco quello che ho fatto io: accecata dalle luci di Natale, fiaccata da un caldo irreale, sedotta dallo splendore delle merci, ho contemplato le divinità e ho pregato: ho comprato.
Fuori dal palazzo un picchetto di animalisti invitava a boicottare Harrods.
Il volantino in una mano e la busta in un'altra, al freddo pungente di Londra il mio cervello ha ricominciato a funzionare.
Dissolta l'umidità che appannava gli occhi nel tepore tropicale del grande magazzino ho visto distintamente il prezzo sulle due scatole di biscotti.
Se anche questa religione funziona come una volta il cattolicesimo che con un po' di quattrini ci si poteva comprare un trasbordo accelarato verso il paradiso, credo che io almeno un passaggio in corriera questa volta l'ho proprio rimediato.

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