venerdì 26 dicembre 2008

Let's make some music!

Una dei migliori prodotti d'Inghilterra è la musica.
Ho sempre ascoltato musica in lingua inglese: Iron Maiden, Queen, Skunk Anansie, Beatles, Blur, Pink Floyd e tanti altri ( non dico gli U2 che magari qualcuno si offende: sono irlandesi!).
In ogni caso, forse quel poco che sapevo della lingua prima di arrivare a Londra era proprio arrivato attraverso le note: insomma, che diavolo diranno mai questi qui?

E dunque, una delle domande che faccio spesso agli inglesi che mi capitano a tiro, è "come mai avete una scena musicale così?".
Naturalmente le risposte sono le più varie: fa freddo e dobbiamo pur scaldarci, abbiamo un'educazione rigida e dobbiamo pur sfogarci, beviamo tanto e dobbiamo pur trovare un modo credibile per barcollare senza esser presi per ubriaconi.
Humor inglese?
Senz'altro.
Fatto sta: nessuno mi menziona mai la musicalità delle lingua.

In ogni caso, mentre continuo la mia indagine, Londra mi offre innumerevoli occasioni di entrare in contatto con il corpo del reato.
Eccone una incontrata per caso ad Oxford Street.
Ladies and Gentleman, The Jessie Rose Trip!

giovedì 25 dicembre 2008

Buon Natale!

Natale è in famiglia, of course.
Questo, quindi, è un post dall'Italia: dopo una lunga assenza eccomi tornata nella mia città natale (appunto).
Dopo un volo terrribile, il peggiore della mia vita, in cui le turbolenze erano talmente forti che persino lo steward è finito a terra, grazie al cielo (o nonostante esso) ho toccato terra.
Al mio primo risveglio in terra d'Italia ero confusa: chi sono, dove mi trovo, cosa faccio qui? E' bastato rendermi conto del caos fuori dalla finestra per capire: si, sono a Roma.
Clacson all'impazzata, il vicino che strilla alla moglie la lista della spesa, i miei genitori che ridono forte: ben tornata a casa!


Sono felice.

E' Natale, siamo tutti più buoni: quindi divoro i giornali e settimanali arretrati cercando di non soffrire troppo per le solite berlusconate, per Alemanno che invoca la disobbedienza civile in difesa della pajata, per la conferma che il centrosinistra non è immune alla corruzione morale, per le statistiche che dicono che i bambini italiani si ammalano di cancro molto più degli altri coetanei europei, per il Santo Padre che perde tempo a scagliarsi contro gay e transgender e per Eluana che non può riposare in pace.
Tutto è identico, insomma, a come l'ho lasciato.
Evviva le nostre belle tradizioni.


Anche a casa mia non siamo da meno, ci teniamo alle nostre consuetudini: mamma prepara la pasta in casa, l'albero è già stato fatto e il presepe aspetta me. E' il compito che mi è assegnato da sempre, e negli ultimi anni una persona speciale e molto paziente, mi ha insegnato qualche trucco del mestiere.


Insomma, certe cose non cambiano, nel bene e nel male e Roma, scusate la banalità, è la città più bella del mondo.
Quindi, felice per questo mio momentaneo ritorno, mi godo la famiglia, gli amici, la città e l'onorevole Governo contro cui, pensa un po', trovo quasi delizioso potermi nuovamente scagliare.

Allora cari amici...Buon Natale!

domenica 21 dicembre 2008

Sono entrata nel tempio del consumismo e ho pregato

Harrods.
C'è bisogno che vi dica cos'è?
Quest'enorme palazzone di dubbio gusto è uno simboli di Londra.
Questo grande magazzino del lusso, multimiliardario, multipiano, multireparto, multiculturale (il nome è inglese, il propietario un arabo, la merce di tutto il mondo), è famoso nel mondo quasi come la Regina.
I souvenir targati Harrods sono un must.
Harrods è huge, immenso, è una perenne esposizione universale di quello che la gente come me e come te non potrà mai possedere realmente, forse comprarne un pezzo, forse solo annusare.
Annusare è il termine giusto, perchè il reparto dedicato al cibo è uno dei più affollati, in fondo una scatola di biscotti, una marmellata, dei cioccolatini tra i cinque e i dieci pound possiamo permetterceli quasi tutti.
Ed ecco quello che ho fatto io: accecata dalle luci di Natale, fiaccata da un caldo irreale, sedotta dallo splendore delle merci, ho contemplato le divinità e ho pregato: ho comprato.
Fuori dal palazzo un picchetto di animalisti invitava a boicottare Harrods.
Il volantino in una mano e la busta in un'altra, al freddo pungente di Londra il mio cervello ha ricominciato a funzionare.
Dissolta l'umidità che appannava gli occhi nel tepore tropicale del grande magazzino ho visto distintamente il prezzo sulle due scatole di biscotti.
Se anche questa religione funziona come una volta il cattolicesimo che con un po' di quattrini ci si poteva comprare un trasbordo accelarato verso il paradiso, credo che io almeno un passaggio in corriera questa volta l'ho proprio rimediato.

Questione sicurezza

E' una questione di punti di vista, forse.

Mentre da noi in Italia si regala la Beretta ai vigili urbani, qui a Londra si discute se armare la polizia (dotata solo di manganello) dei Taser.
Il Taser è apparentemente una normale pistola, che invece di proiettili si "limita" a scaricare elettricità: contrae i miscoli e blocca il soggetto.
Premesso che l'uso di queste armi è discusso, criticato e ritenuto responsabile della morte di decine di persone in Canada e negli USA, la sola possibiltà di dotarne i caratteristici bobby inglesi ha scatenato nel regno di Elisabetta II polemiche trasversali.
Non lo vuole la polizia, che teme così di spaventare le persone e di interrompere un consolidato rapporto di fiducia, e non lo vogliono le associazioni dei cittadini, che ritengono le armi uno strumento da affidare solo ai reparti speciali.


Non abbiamo bisogno di statistiche per immaginare che la capitale inglese soffra problemi di sicurezza superiori ai nostri, tuttavia mentre da noi alcuni politici vorrebbero addirittura armare di cannoni la villetta a schiera di Mario Rossi per difendere i suoi interessi di privato cittadino, qui Jack Johnson viene protetto attivando innanzitutto semplici proposte basate sulla prevenzione.

E così, l'altro giorno, fuori dal supermercato dove faccio abitualmente la spesa, un banchetto della polizia distribuiva opuscoli, booklet, su cosa fare per ridurre le possibilità di essere vittime di un crimine: le luci e la radio accese in casa, un sms all'amico per confermare il rientro, un abbigliamento comodo e discreto, ecc...

Inoltre alle signorine come me regalavano Charme Allarm, un allarme da portare attaccato alla borsetta che una volta attivato emette un suono a 110 decibel, sufficiente (a quanto dicono) a concederti qualche secondo per dartela a gambe,

Sono grata alla polizia inglese per questo regalo.
Naturalmente spero di non dovervi raccontare mai se ha funzionato.

martedì 16 dicembre 2008

Melting pot



Secondo Wikipedia melting pot è anche un nomiglio di Londra.
Lo scopro adesso, ma era facile immaginarlo.
A Londra convivono infatti oltre sette milioni di persone di ogni etnia e credo, e la città ascolta ogni giorno parlare trecento lingue diverse.
E' un'opportunità unica per chi viene dalla piccola Italia scoprire quanto è grande il mondo, quanto è diverso a volte e quanto è simile a se stesso altre: coreani che contano gli anni prima di venire al mondo, giapponesi che non possono dire "non sono d'accordo!", tedeschi che non conoscono l'ispettore Derrick, curdi che sono turchi e turchi che odiano i curdi.
Ma la razza umana con le sue etnie non è la sola che popola la capitale: vicino casa mia abitano infatti scoiattoli e uccellini.
E questa sera, addirittura, ha fatto capolino una volpe.
Questo sì che è melting pot!

lunedì 15 dicembre 2008

How to enjoy this credit crunch!

Credit crunch è la parola del momento: qualsiasi rivista o telegiornale, ma persino il macellaio e il fruttivendolo, lanciano titoloni che per soggetto hanno il credit crunch e per oggetto i soldi che tu devi comunque spendere.

Ma la crisi qui si sente davvero.
Ogni momento.
Credo che addirittura abbia sostituito il tempo come argomento preferito di conversazione tra gli inglesi; il mio vicino, David, alla nostra prima conversazione appena saputo che sono in cerca di lavoro ha pensato bene di incoraggiarmi parlandomi di questa micidiale crisi, assicurandomi che l'anno prossimo, se possibile, sarà ancora peggio.


Tuttavia, per me che vivo ancora con gli euro che arrivano dall'Italia, questa crisi per lo meno mi avvantaggia con un tasso di cambio mai visto prima: non siamo al pareggio ma poco ci manca.
I prezzi inoltre sono in flessione, per due ordini di motivi, uno fiscale e l'altro commerciale.
Il primo è che stata tagliata la VAT, la Valued Added Tax, la tassa sul valore aggiunto, la nostra cara (è proprio il caso di dirlo) IVA.
La seconda ragione è invece quella commerciale e di marketing: si abbassano i prezzi per invogliare i clienti all'acquisto.
Si assiste perciò a saldi pazzeschi, 50, 60, 70%.
Per chi ama fare shopping a Londra questo è il momento migliore, probabilmente nella storia dell'umanità.


Le varie riduzioni non sembrano però produrre clamorosi effetti nei negozi di lusso: fatta eccezione per Harrod's, gli altri negozi sono desolati come un cimitero il giorno di Capodanno, le luci natalizie come lumini votivi, i commessi come custodi che per affrettare il tempo danno una lucidatina qua e là.
Da Cartier hanno addirittura spalancato le porte, un tempo rigorosamente chiuse e guardate a vista da omoni grandi, grossi e vestiti di nero che se non avevi uno Chanel addosso di entrare neanche a parlarne.


In compenso le grandi catene a poco prezzo sono affollatissime, e se prima erano convenienti adesso offrono merce a prezzi stracciati.
Io, che da buona disoccupata cerco di salvare il salvabile e resisto alle tentazione munendomi di paraocchi, oggi ho ceduto e mi sono concessa il lusso di un delizioso cappottino verde alla folle cifra di 10 pound.

Prezzo di partenza £36.
Enjoy it!

















domenica 14 dicembre 2008

La mia stanza è un attic


Suona cool... la mia stanza è un attic: ovvero una mansarda, ovvero un sottotetto.

Quando una parola inglese è simile ad una italiana, devi essere molto, molto accorto nell'uso.

Attic e attico hanno qualcosa in comune: sono l'ultima parte di una costruzione, sopra il cornicione. Ma mentre da noi dire "abito all'attico" fa molto figo, qui lo fa un po' meno, visto che si tratta solo di una mansarda con una finestrella e non di un "attico terrazzatissimo e pieno di luce".

Ma poco importa, perché a me la mia cameretta inglese con vista sui tetti inglesi (vabbè, dipende anche dalla scelta dell'inquadratura) piace tantissimo, e anche se ogni mattina mentre rifaccio il letto (si, perchè rifaccio il letto ogni mattina, incredibile) o mentre mi guardo allo specchio (e questa invece non è una novità) dò una sonora capocciata al tetto, questo piccolo angolo di Londra è già casa mia.

sabato 13 dicembre 2008

Una canottiera ci salverà

E' il parco più vicino a casa mia, a pochi passi un piccolo angolo di verde che spesso scelgo di attraversare pur sapendo di allungare il tragitto.
Non è niente di eccezionale, ma è ben tenuto: ogni mattina un coraggioso omino dotato di macchina a spalla tipo quella usata dai gosthbuster, soffia via le foglie in un angoletto e poi (suppongo) le butta da qualche altra parte.
Ogni mattina allegri cagnolini inglesi (si capisce dall'accento, naturalmente) scagazzano allegremante qua e là, seguiti da probi proprietari sempre (o quasi) muniti di sacchetto anti cacchetta.
Ogni mattina piccoli eredi del glorioso impero britannico vengono svezzati e temprati dal clima, con calzoncini sopra il ginocchio anche a -2°.
Ogni mattina le eredi già cresciute del glorioso impero percorrono agili il sentiero asfaltato, ma loro con le gonne sempre rigorosamente senza calze.
Che sono forestiera devono averlo capito: se ho la gonna ho due, dico due paia di calze sotto le quali porto anche i leggins (più o meno quelli che negli '80 erano i fuseaux), i calzini, gli stivali, in genere 2 o 3 strati sotto il maglione, guanti, sciarpa e cappello.
La mia flatmate usa la calze, ma porta abitualmente vestitini di cotone e magliettine di cotone.
Risultato: lei ha la bronchite, io no.
Insomma, la mamma italiana ha ragione ovunque.
Una canottiera ci salverà.

martedì 9 dicembre 2008

Una ragazza inglese insegna ad una italiana come cucinare messicano!


No, No...

Non è l'inizio di una barzelletta. E' la realtà.

Ieri sera Vicky ha preparato per me un bel piatto messicano: tortillas con pollo, fagioli, pomodori, peperoncino, formaggio e non so quale altro bene di questa terra.
Che delizia! E c'era da morire dal ridere: io che cercavo di leggere la ricetta in inglese (ops!) lei che cercava le pentole e mimava a gesti le varie forme, il tutto annaffiato da un ottimo rosso italiano e da un perfetto reggae in sottofondo.
Che dire... very mixed!
Vicky abbatte tutti gli sterotipi sugli inglesi: comincio seriamente a sospettare che cucini meglio di me.
L'altra sera con mia somma gioia ha preparato uno Yorkshire Pudding ma senza carne.
Come vedete dalla foto è una specie di gonfio puncake, con un trionfo di verdurine e una salsa di cipolle. Vi assicuro che era delizioso.

Insomma, qua tocca farsi venire qualche idea geniale per tenere alto l'italico nome (ehm...) e sdebitarsi di cotanta magnificienza!
PS: cari amici di sesso maschile, Vicky è molto carina, cucina bene, ha un bel lavoro ma è fidanzata. Quindi: smorzate l'entusiasmo...

lunedì 8 dicembre 2008

Food, food, food!

Cibo, cibo, cibo...

La cosa che ci rende italiani davvero è il cibo, quella ci fa popolo è la pasta, il nostro vero inno nazionale la vecchia pubblicità della Barilla suonata su diamoniche incrostate di saliva nell'ora di musica alle scuole medie.

Cibo: domeniche di risotti, bolliti, lasagne, paste chine e parmigiane, da Nord a Sud uniti nelle pantagrueliche abbuffate familiari, con dolce e caffè e ammazzacaffè.
Il titolo del topic non è un caso, ed il cibo al momento mi sembra una delle poche cose di cui poter esser fieri.
Londra è piena di ristoranti italiani e la pasta ormai è un prodotto internazionale.
La mia flatmate Vicky from York mi conferma che la sua famiglia abitualmente mangia pasta e lei stessa da quando siamo qui l'ha preparata più volte di me.

La diffussione del cibo italiano rende a noi emigranti la vita alimentare un po' meno triste: i grandi supermercati ed i piccoli shop di Londra hanno sempre una qualche marca italiana di pasta, in genere De Cecco o Agnesi, tra 1,30 e 1,50 £, insomma abbordabili.
Se cerchi bene trovi anche la passata, pomodoro senza null'altro, difficile da intercettare visto che da queste parti ti propongono l'aglio (garlic) pure a colazione.
L'olio italiano è piuttosto caro, per cui ho ripiegato su un extravergine spagnolo sperando che del mediterraneo tutto il sole e il sale non deludessero: il gusto crudo è abbastanza buono, la resa in cottura un po' meno.
Insomma: italiani nel gusto, che banalità!
Ma è vero: al bar ci ricosciamo dall'espresso, al supermercato dalla pasta, in giro dall'accento, ma di questo vi dirò un'altra volta.
Chiudo sul cibo con una nota: uova e farina sono ovunque, economiche e uguali in tutto il mondo.

Il risultato è lo stesso in ogni luogo vi troviate...



domenica 7 dicembre 2008

Il tramonto di Camden Market






Che titolo suggestivo...





come se dovessi raccontarvi di un romantico pomeriggio in cui il sole si è tuffato nel canale di Camden salutando il giorno.
Invece no, il tramonto di Camden è quello di un posto mitico, il suo mercato, che dovrebbe essere un luogo "alternativo" e mi dicono esserlo stato davvero, ed invece tranne qualche deliziosa eccezione propone ovunque le stesse cose che puoi trovare a Roma, a Milano, ad Amsterdam, a Barcellona e suppongo anche a Parigi e a Berlino.
Camden Market è il parco giochi perfetto per il turista in cerca del ricordino ideale (ad un prezzo salato) da portare agli amici a dimostrazione di quanto è gggiovane Londra.
Gli steoreotipi umani trovano così la loro soddisfazione: bancarelle frikketone serie "la Jamaica è la mia terra d'elezione", con le stesse sciarpette, borsette e magliette che trovi a San Lorenzo a Roma; la sezione gothic, punk, lolita e anche un po' metallara; quella tattoo addicted, stessa mercanzia delle conventions di tatuaggi; le cino-giapponerie "vorrei essere una geisha intanto compro il vestito", il classico-glam tipo come vestirebbe tua nonna "ma io sono gggiovane e quindi è diverso" e che a Londra va per la maggiore, il discotecaro psichedelico funky e l'artigianato "etnico".


Si salvano: un paio di botteghe di bits and bobs (leggasi cianfrusaglie) inglesi d'epoca, le bancarelle di cibo cotto al momento e comunque la comodità per il turista mordi e fuggi di trovare in un unico posto le stramberie del momento e le intramontabili "diversità" della nostra epoca.
Enjoy it!

How to improve your English!

Come scritto in apertura, la ragione per cui mi trovo qui, in quel di Londra, è migliorare il mio inglese. Su questa necessità riflettevo già da un po' di tempo prima della laurea, ma i successivi colloqui di lavoro hanno velocemente confermato come un inglese fluent sia realmente indispensabile, qualsiasi lavoro tu faccia.

Fortunati gli inglesi allora, che nascono già con la chiave che apre e chiude molte porte di questo mercato globale.


Tuttavia, imparare l'inglese non è così semplice come in giro ti vogliono far credere: come ogni grammatica che si rispetti ha le sue regole e le sue eccezioni e come ogni lingua ha i suoi molteplici registri.
Esiste così un'inglese da BBC e Times ed un inglese da Channel Four e Sun e, come un vesitito, un inglese da indossare nelle occasioni ufficiali ed uno da pub con gli amici.

Il problema è che il mondo, e i parlanti di lingua inglese in particolare, si aspettano che tu li conosca entrambi.

Quindi, cosa fare per migliorare il proprio inglese?
Trasferirsi in Gran Bretagna è il primo passo. Trovare una casa con native english speaking il secondo (ove possibile, ma stare lontani dai connazionali è un must).
Il terzo è la scuola.
Molti non possono o non vogliono frequentarla, ma a mio avviso per parlare un buon inglese è indispensabile. Oltre alle innumerevoli scuole private più o meno care accreditate dal British Council, esistono anche delle scuole pubbliche, che prima totalmente gratis ora ad un costo assolutamente abbordabile, offrono (tra gli altri) corsi di lingua inglese inglese per stranieri.
A Londra ce ne sono diversi, segnalo quello che conosco e frequenterò io, il Kensington and Chelsea College un vero college, con (mini)mensa, libreria, parco ecc..ecc...
I corsi sono trimestrali o annuali. Insomma, conviene informarsi per tempo.
Tutte le informazioni su costi, accesso, lezioni ecc... sono assoluatamente trasparenti, alla tipica maniera anglossasone.
Per quanto riguarda la qualità della didattica vi dirò in seguito, quando il corso comincia.
Per ora vi dico che l'atmosfera promette bene: è un college multidisciplinare, con corsi di tutti i tipi, pittura, moda, design, business, e quindi c'è gente di tutti i tipi e tanti inglesi con cui parlare, perchè alla fine la risposta principale alla domanda how improve your English? è chat, chat, chat... chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera!


The first

Ok, l'ho fatto.
Il blog è aperto.
Mi scuso con chi si imbatte e sbatte contro questo mostro antistetico, ma la grafica non è il mio forte; aspetto che i miei saggi amici tecnofili mi suggeriscano qualche aggiustatina grafica, di usabilità, ecc...ecc... E nel frattempo vi prego, concentratevi sui contenuti.
Ma ben arrivati dunque su questo diario di una ragazza italiana a Londra, alle prese con la lingua del momento (mio primo obiettivo: improve my english!) e con la città tempio della globalizzazione (si, ok, c'è anche NY, ma poi approfondiamo il discorso).
Londra quindi è lo scenario che fa da sfondo e da quinta, da protagonista e da comparsa a questo blog, diario, cronaca e raportage creato ad uso e consumo di amici, parenti e benefattori, internauti e navigatori occasionali che spero troveranno qualcosa di interessante da leggere su questa affascinante, contraddittoria, cosmpolita, veloce, sporca, efficiente, mutevole, goliardica, hardworking metropoli inglese, capitale del terzo millennio.